mercoledì 27 luglio 2011

ARTICOLO DI REPUBBLICA SULL' AGP.


Tanti allenamenti, pochi soldi, ma ora Caterina dice basta

Otto giocatori e otto giocatrici della massima serie hanno deciso di fondare l'Associazione italiana dei pallanuotisti. Poco più di mille euro di rimborso sono poca cosa, spiega la vicepresidente Caterina D'Amico: "Si può arrivare anche a otto ore al giorno di lavoro. Il nostro sport ha bisogno di visibilità"

di STEFANO SCACCHI

MILANO - Sette ore al giorno di allenamento in acqua, scudetti e coppe in bacheca e la calotta della Nazionale sulla testa per poco più di mille euro al mese di rimborso. E' anche per questo motivo che otto giocatori e giocatrici delle Serie A1 maschile e femminile hanno deciso di fondare l'Associazione
italiana giocatori di pallanuoto (Agp). Finora hanno aderito circa una cinquantina di atleti: tutti i componenti del Settebello e Setterosa, e tesserati Recco, Rapallo e Posillipo. "A settembre inizierà la campagna vera e propria per vedere quanti vorranno iscriversi", spiega Caterina D'Amico del Rapallo Nuoto, vicepresidente dell'associazione ed emblema della passione che deve avere chi pratica questo sport. A 25 anni gioca in A1, è già laureata in giurisprudenza e sta sostenendo la pratica da avvocato in uno studio legale di Genova. E per restare a certi livelli nella pallanuoto occorre allenarsi come matti: "Doppia seduta tre volte la settimana - spiega Caterina - che qualche volta diventa tripla per il lavoro in palestra. Si può arrivare a otto ore al giorno".


Il tutto per cifre inferiori a quelle che guadagnano molti calciatori in Eccellenza (la sesta categoria del pallone): molte ragazze hanno rimborsi (la pallanuoto è uno sport che non prevede il professionismo secondo il Coni) da non più di 18.000 euro a stagione, mentre gli uomini se la cavano meglio con medie tra
60-70.000 e punte anche più in alto nelle società più ricche, come Recco. Somme che si inseriscono in un mercato privo di regolamentazione. Pochissime atlete di A1 (non più di un terzo) riescono a firmare un contratto con i club (anche qui va meglio ai maschi che invece sottoscrivono un rassicurante pezzo di carta nel 90 per cento dei casi). E, qualora insorgano controversie economiche su questi rapporti, i pallanotisti fanno una fatica bestiale ad avere giustizia attraverso le procedure arbitrali nell'ambito della Federnuoto.


Rappresenta un caso esemplare la vicenda dell'altro vicepresidente dell'Agp, Gian Marco Guidaldi, giocatore del Posillipo, che ha avviato un arbitrato lamentando di non aver ricevuto oltre 100.000 euro dal suo precedente club, la Leonessa Brescia. Il lodo gli ha riconosciuto 25.000 euro, ma al momento la società risulta inadempiente nei confronti di Guidaldi che nel frattempo ha dovuto affrontare spese legali per 7.000 euro. E proprio questa situazione tipo - accoglimento parziale da parte del collegio ed estrema lentezza dei club a rispettare la pronuncia col rischio al massimo di dover pagare una multa di importo comunque inferiore - è uno dei problemi che ha spinto i giocatori a organizzarsi. Alcuni atleti restano imprigionati anche nella scarsissima libertà di controllo sul proprio cartellino (una situazione simile a quella dei calciatori prima della sentenza Bosman) col risultato che sono costretti a restare fermi se non trovano l'accordo con i dirigenti, nonostante abbiano offerte vantaggiose.


Ma l'Agp si propone anche obiettivi di sistema che vanno al di là del classico raggio d'azione di un sindacato. "Potremmo avere più visibilità - spiega Caterina D'Amico - se venissero gestiti meglio i diritti tv delle nostre gare. E questo innescherebbe un circolo virtuoso. Più entrate, più sponsor, più soldi per i club e gli atleti". Al momento a gestire i diritti è la Federazione che li affida alla Rai, la quale a sua volta trasmette
pochissime partite, e solo sul satellite. "Ma noi sappiamo - continua Caterina - che alcune reti locali farebbero di tutto per trasmettere le nostre gare". Nella scorsa stagione, ad esempio, la finale della Coppa Len femminile (l'equivalente dell'Europa League) tra Rapallo e Ravijn (Olanda) è stata trasmessa solo in radiocronaca da alcune emittenti locali, mentre tv liguri come Primo Canale o Tele Genova avrebbero pagato per mandarla in diretta. "In alcune zone d'Italia, come la Liguria o parte della Campania, siamo il secondo sport di squadra dopo il calcio. Negli ultimi anni i praticanti sono aumentati. Questa crescita può essere sfruttata meglio", conclude Caterina che su questo punto si augura di avere la collaborazione della Lega Nazionale Pallanuoto. L'associazione dei club sarebbe invece una controparte in un'ipotetica trattativa per arrivare a un accordo collettivo dei pallanotisti, altro obiettivo all'orizzonte per l'Agp. E qui ci sarebbe anche un collegamento con l'Aic, da mesi impegnata in uno sfibrante braccio di ferro con la Lega Calcio per il rinnovo del contratto collettivo del pallone: nell'ufficio legale dell'Agp c'è l'avvocato Alessandro Calcagno, fratello di Umberto, vice-presidente dell'Assocalciatori. Dalle piscine ai prati, a difesa dei diritti degli atleti.


ECCO IL LINK DELL'ARTICOLO:
http://www.repubblica.it/rubriche/la-storia/2011/07/26/news/caterina_associazione_pallanuoto-19643962/

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